Rivista Medioevo 2007/2

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Descrizione

Marino Viganò: Il “rivellino” del castello di Locarno

Christiane De Micheli Schulthess: Fortificazioni del Canton Ticino: inventario e indagini preliminari

Giuseppe Chiesi: Prada: un insediamento bellinzonese abbandonato

Giuseppe Chiesi: Gorduno: la collina del castello

Marco Molinari, Filippo Rampazzi, Rossana Cardani Vergani: Museo del territorio: un progetto innovativo per il cantone Ticino

 

e-periodica.ch/2007/2

 

Il “rivellino” del castello di Locarno

Il “rivellino” del castello di Locarno è un baluardo pentagonale composto di due facce, due fianchi, una gola. Le mura, alte circa 18 metri, visibili oggi per circa 10 metri, sono inclinate per i 9/10 della scarpa, verticali nella parte più alta del parapetto, con un cordone fra le due sezioni, e quattro cannoniere in casamatta. La pianta è ricalcata all’interno da quattro casematte e due gallerie di snodo delle artiglierie. Le gallerie sono voltate a botte e la volta è originale poiché sopra ogni troniera c’è il camino per evacuare i fumi della polvere da sparo, che sbocca nel terrazzo sopra il terrapieno.

Una complessa ricerca negli archivi ha lasciato precisare la datazione, la committenza e l’attribuzione del progetto del baluardo. Esso risulta fabbricato sotto l’occupazione francese di Locarno (1499-1513), roccaforte della Lombardia ducale, e di preciso nel 1507. Il committente risulta il “grandmaître”-governatore Charles II d’Amboise seigneur de Chaumont, a nome di Luigi XII di Valois-Orléans, re di Francia. L’ingegnere è un magister influenzato da archetipi rinascimentali ignorati a Milano, già pratico dei modelli applicati da Francesco di Giorgio Martini e dai Sangallo nelle Marche, in Toscana, nel Lazio.

Tutti gli indizi concorrono a indicare Leonardo da Vinci: è di origine toscana e impronta martiniana; è richiamato a Milano dal d’Amboise nel 1506 e definito da Luigi XII “n[os]tre paintre et Jngenieur ordinaire” nel 1507; e quell’anno progetta una rocca con un grande baluardo ad angolo acuto, che la storiografia ha da tempo definito quale castello “pensato per qualche località montana, probabilmente verso il confine svizzero, da dove ormai premevano nuovi pericoli per la sicurezza del dominio francese in Lombardia”.

 

Fortificazioni del Canton Ticino: inventario e indagini preliminari

Nel 2003, su richiesta del Servizio Inventario dell’Ufficio dei beni culturali, Bellinzona, la Divisione della pianificazione territoriale stanziava un credito per l’esecuzione di un catalogo sistematico delle fortificazioni del Canton Ticino. Lo scopo di questo lavoro era individuare e rilevare le strutture ancora identificabili, per definire il grado di tutela appropriato.

Le fonti scritte si riferiscono generalmente a quegli oggetti già abbastanza noti (es. Castello Visconteo di Locarno, Castelli di Bellinzona, Castello di Serravalle, ecc.). Per realizzare un elenco preliminare degli oggetti da identificare, ci si è avvalsi di pubblicazioni, come la Carta dei castelli della Svizzera (1985), i testi di Clemente (1974) e altri. A questo elenco, grazie alla collaborazione di Stefano Vassere del Repertorio toponomastico ticinese, sono state integrate informazioni deducibili dalla toponomastica. Le voci prese in considerazione riguardavano essenzialmente le denominazioni “castello” e “torre”. Ne sono risultati oltre 400 oggetti, distribuiti sul territorio di 237 comuni. Va però ricordato che un numero elevato di questi toponimi può avere anche tutt’altro significato. Le strutture fortificate risultano oggi essere in parte ubicate all’interno dei nuclei moderni, in parte si situano invece al di fuori di essi, in posizione predominante. Molte di queste strutture sono ridotte a pochi resti murari o hanno subito trasformazioni a volte radicali. In entrambi questi casi estremi sarebbe necessaria un’indagine archeologica per collocare le strutture nel loro giusto contesto.

Non potendo spesso neppure disporre di un rilievo delle strutture emergenti, risulta arduo ascrivere gli oggetti individuati ad una precisa classificazione tipologica. Le strutture o resti individuati si possono ricondurre a due categorie principali: le torri isolate ed i complessi con più elementi architettonici comprendenti la torre, la cinta muraria e le strutture interne. Le torri isolate a base quadrata, come la Torraccia a Barbengo o la Torre Alta a Lodrino, sembrano essere le più numerose. Solo un esempio di torre a base circolare è stato finora rinvenuto, quella di Campo Blenio. Inoltre vi sono anche le torri trasformate in torri campanarie (Campanile della chiesa di S. Quirico a Minusio), o quelle inserite nel tessuto degli abitati moderni (la Torre dei Nobili a Prato Leventina). Complessi con più elementi archtettonici sono stati individuati a Bironico, Mezzovico-Vira e Castel San Pietro, dei quali sono ancora visibili i resti murari.

Gli altri complessi individuati possono essere suddivisi in due gruppi: quelli per i quali è stato possibile misurare l’estensione totale (Castello di Torricella-Taverne, Castello di Caroggio, Castellaccio di Melano, Castello di Sta. Maria a Giornico, Castello di Pontegana, ecc.), e quelli di cui sono stati rilevati solo alcuni elementi della cinta o delle strutture interne (Casletto di Bedano, Castellaccio di Barbengo, Castello di Cresta, ecc.). Fra i complessi con più elementi architettonici occorre ricordare anche quelli che, nonostante l’attuale toponimo, non avevano in passato la funzione di castello (torre e villaggio di Redde, “Castello di Tremona”). I toponomi includono anche i castellieri pre- e protostorici come quelli di Ascona (Balladrum), Barbengo (Castelvedro), Tegna e Torricella-Taverne (Monte Barro).

 

Prada: un insediamento bellinzonese abbandonato

Prada, piccola frazione montana bellinzonese situata sul versante orientale della valle del Ticino, conserva decine di resti di abitazioni di probabili origini tardomedievali. Nella località abitavano diversi nuclei famigliari fino agli inizi del sec. XVII, quando le case furono abbandonate. Le indagini avviate 15 anni orsono hanno messo in evidenza la fisionomia del sito e richiamato l’attenzione sulla necessità di studi approfonditi e di interventi urgenti per la conservazione di questa pregevole testimonianza.

 

Gorduno: la collina del castello

Le indagini condotte dall’Ufficio beni culturali nel 1995 a Gorduno sulla collina dove sorge la chiesa dei SS. Carpoforo e Maurizio hanno portato a risultati di notevole rilievo per la conoscenza degli edifici religiosi, e hanno aperto una pagina di storia ancora poco conosciuta sulle fortificazioni medievali del distretto bellinzonese.

L’altura rocciosa è situata a settentrione dello sbarramento naturale di Bellinzona, vicino all’autostrasa A2. Decisiva appare la prossimità delle vie di comunicazione che portano ai valichi delle alpi centrali (San Gottardo, Lucomagno, San Bernardino). Nel Medioevo, poco più a nord della località correva la linea di demarcazione tra il contado di Bellinzona e il comune di Leventina, e dunque tra il distretto di pertinenza comasca e le tre valli (Leventina, Blenio e Riviera) governate dai canonici del Duomo di Milano.

Durante le indagini archeologiche, sul piano sommitale dell’altura, sono stati individuati i resti di una di una prima cinta muraria, risalente all’Altomedioevo e la base di una torre. Il ritrovamento di una spada deposta in una sepoltura fa pensare alla presenza di guerrieri longobardi, attestati peraltro alla fine del sec. VI a Bellinzona. La torre, sorta attorno all’anno Mille, potrebbe invece essere posta in relazione con l’arrivo nel distretto bellinzonese delle famiglie capitaneali insediate dall’arcivescovo di Milano nella regione del Verbano.

La prima menzione del “castrum de Nioscha” è attestata nel 1133. Nel castello si era insediato un ramo della nobiltà locarnese (Orelli-Magoria), che ebbe una parte attiva nelle vicende dell’età comunale e signorile della regione alpina dall’XI alla metà del XIV secolo. Da una parte si ebbe la sostituzione del primitivo edificio di culto con una chiesetta, consacrata a quanto sembra nel 1132 dal vescovo di Como Ardizzone. La campagna di scavi, limitata solo alla chiesa e a parte del sagrato, non ha potuto portare alla luce resti significativi.

Il rilievo topografico realizzato nel 2000 da Rudolf Glutz ha consentito di individuare meglio le tracce, già parzialmente visibili ai bordi dei terrazzamenti, di due probabili cinte murarie che circondavano interamente la collina. Si può pertanto affermare che nei secoli XIII e XIV il castello presentava una fisionomia ben più articolata. Gli edifici del castello erano collocati intorno alla chiesa.

La ragione della cancellazione quasi totale delle strutture fortificate deve essere ricercata negli avvenimenti politici che segnarono i distretti alpini nel corso del XIV e X secolo, ossia nel periodo della conquista della regione da parte dei milanesi. Dopo la metà del Trecento il governo del castello appare nelle mani di un membro di una potente famiglia mesolcinese, Albertone de Sacco. I rapporti tra i Visconti e De Sacco si guastarono pochi anni più tardi. Nel 1402, alla morte del primo duca Gian Galeazzo Visconti, i De Sacco si impadronivano della fortezza bellinzonese, cedendola poi nel 1419 a Uri e Obwaldo. Dopo la sconfitta degli Svizzeri ad Arbedo nel 1422, i territori in questione tornarono sotto il dominio milanese. È verosimile quindi che il castello di Gorduno, entro le cui mura, forse, un manipolo di difensori svizzeri aveva cercato di opporre resistenza ancora nei primi mesi del 1422, sia stato distrutto o smantellato all’indomani della vittoria di Arbedo.

 

Museo del territorio: un progetto innovativo per il cantone Ticino

Il cantone Ticino è uno dei pochi Cantoni svizzeri che può vantare sul suo territorio due oggetti iscritti nell’elenco del Patrimonio mondiale dell’Unesco: per i beni monumentali e archeologici i Castelli di Bellinzona, per i beni naturalistici i giacimenti fossili del Monte San Giorgio. Nel solco di questo approccio alla politica territoriale si inserisce anche l’ambizioso progetto di Museo del territorio, promosso dall’autorità cantonale ticinese in collaborazione con la città di Locarno e con l’intero agglomerato del Locarnese.

Lo scopo di questo progetto è di dare finalmente “un tetto” e una degna valorizzazione al patrimonio archeologico, raccolto in più di due secoli e oggi disperso in diverse sedi museali interne ed esterne al Cantone. Inoltre dare una soluzione agli acuti problemi di spazio e di funzionamento con cui è confrontato l’attuale Museo cantonale di storia naturale di Lugano. Nel 2002 è stato istituito un apposito gruppo di lavoro coordinato da Marco Molinari.

Il progetto racchiude in sé grandi potenzialità che meritano di essere brevemente accennate.

– dal punto di vista politico, permette innanzi tutto un approccio unitario alle tematiche territoriali, dove natura, uomo e territorio rappresentano facce diverse della stessa realtà.

– dal punto di vista culturale, il progetto permette di valorizzare un patrimonio di reperti. Questo progetto parte dala conoscneza del passato per interrogarsi sulle scelte del futuro.

– dal punto di vista socio-economico, il progetto segna il passaggio dal “museo-vetrina” al “museo motore”, ponendosi cioè quale vero e proprio attore di iniziativa nel panorama culturale e territoriale a livello regionale e transfrontaliero, con ruolo di moltiplicatore in favore di istituzioni analoghe che già operano sul territorio.

Gli aspetti naturalistici e quelli archeologici rappresentano diverse facce dello stesso tema, il territorio, frutto della millenaria azione congiunta dell’uomo e della natura: dalla formazione delle rocce più antiche nell’area dell’attuale Cantone Ticino (ben 500 milioni di anni fa), alle prime fasi della colinizzazione umana dopo l’ultima glaciazione (circa 10’000 anni fa), alle massicce trasformazioni antropiche del paesaggio degli ultimi secoli (agricoltura, sfruttamento dei boschi, allevamento, opere edilizie ecc.).

Pur mantenendo le loro specificità, storia naturale, archeologia e storia del territorio verranno, dal punto di vista organizzativo, collocate sotto un “unico tetto”, e cioè nel Museo del Territorio. La nuova struttura museale troverà sede a Locarno, nelle immediate vicinaze del Castello Visconteo e del Rivellino. Nella sua parte espositiva esso si avvarrà dei più moderni mezzi didattici e illustrativi (multimedialità, realtà virtuale, interattività ecc.).

Il museo si articolerà in sei campi diversi: la ricerca (indagini e pubblicazioni scientifiche), conservazione, documentazione, divulgazione (esposizioni), formazione e consulenza. La struttura museale si pone quale erogatore di servizi per una vasta cerchia di utenza.

 

Trad. Christian Saladin, Origlio/Basilea